Biografia
Antonio Rossaro nacque a Rovereto l’8 giugno 1883 da Giovanna Marini e Giuseppe Rossaro, maestro di scuola elementare. Suddito autriaco, frequentò le scuole primarie nella città natale e proseguì la formazione presso vari istituti dell’Ordine religioso dei Padri Giuseppini a Rovereto e nel Regno. Dopo un inter lungo e contrastato, il 15 ottobre 1909 ottenne di entrare in seminario a Rovigo dove terminò gli studi e il 1° aprile 1911 venne ordinato sacerdote dal vescovo di Adria, mons. Tommaso Pio Boggiani (1)Uno studio accurato sugli anni giovanili e in particolare sulla formazione e sulla vicenda dell'entrata di Rossaro in seminario a Rovigo è offerto da Samassa F., "Antonio Rossaro: gli anni giovanili della formazione" (in corso di pubblicazione sulla rivista "Studi Trentini. Storia"). Il contributo trae spunto dalle ricerche condotte dall'autore nell'ambito del progetto "Carte di pace 2. Fonti per la storia della Campana dei Caduti e di don Antonio Rossaro" (2017-2018). Promosso dalla Fondazione Opera Campana dei Caduti con il coordinamento scientifico di Maurizio Gentilini, co-finanziato dalla Fondazione CARITRO di Rovereto, il progetto ha compreso anche il lavoro di riordino e inventariazione dell'archivio.
Per approfondimenti su altri aspetti dell'attività rossariana in Polesine si vedano inoltre: Sala G., "Don Rossaro e la sua attività giornalistica negli anni 1915-1916" in "Atti del VII congresso nazionale di storia del giornalismo", Trieste, Istituto nazionale per la storia del giornalismo. Comitati provinciali di Trieste e Trento, 1972, pp. 295-304; Mazzetti A., "Don Antonio Rossaro e l'Accademia dei Concordi di Rovigo: una presenza dinamica nell'Istituto culturale e nel Polesine" in "Atti dell'Accademia roveretana degli Agiati" A, Classe di scienze umane, lettere ed arti, 1997, pp. 115-126; Nave A., "Irredentisti in Polesine, Antonio Rossaro, Giorgio Wenter Marini e l' 'Alba Trentina' " in "Studi Trentini di Scienze Storiche", LXXXIII, sezione 1-4, 2004, pp. 497-515; Delaiti C., "La Campana dei Caduti di Rovereto: una storia critica" tesi di laurea, Università degli studi di Bologna, corso di laurea in Storia della storiografia, a. acc. 2016-2017, relatore Ilaria Porciani, correlatore Paolo Capuzzo, pp. 18-34.
. L’attività di Rossaro nel Polesine si sviluppò per un decennio, tra il 1911 e il 1920, andando ben oltre l’impegno pastorale. Fu cappellano della piccola comunità di Ceneselli e insegnò nel Collegio dell’Angelo custode e al Ginnasio liceo di Rovigo. Prestò quindi la propria opera nella biblioteca dell’Accademia dei Concordi, dove alcuni decenni prima svolse funzioni di bibliotecario il conterraneo don Luigi Fogolari (zio materno di Cesare Battisti), condannato a morte dall’Austria per cospirazione e poi graziato, già docente nel seminario vescovile di Rovigo (2)Rossaro fu invitato a dirigere la biblioteca come sostituto di Manlio Torquato Dazzi, chiamato alle armi con lo scoppio della prima guerra mondiale.. L’impegno di Rossaro alla Concordiana, tuttavia, non si esaurì nell’ordinaria attività di catalogazione e ordinamento delle collezioni, ma si profuse anche nella ricerca di testimonianze riferibili agli accadimenti bellici del Polesine, che andarono ad arricchire il patrimonio dell’istituto di manifesti, proclami, corrispondenza di guerra e documentazione relativa ai soldati ricoverati negli ospedali del rodigiano e all’attività di associazioni e comitati patriottici (3)"Richiesta a Società ed Enti di pubblicazioni e di manoscritti riguardanti il Polesine durante la guerra per la loro conservazione in Accademia", ACR, Memorie n. 88, 1918; "Relazione di Don Rossaro sul lavoro da lui svolto durante il suo incarico in Ac-cademia", ibidem, Memorie n. 89, 1919 (IIa).. Sempre a Rovigo, fu chiamato a dirigere il periodico diocesano “Il Popolo” e si fece promotore di numerose iniziative culturali, cimentandosi anche nella produzione letteraria dando alle stampe numerosi contributi: tra questi, il saggio “Cristina Roccati e il suo tempo”, un omaggio all’intellettuale rodigina del Settecento, membro dell’Accademia dei Concordi e terza fra le donne italiane a conseguire la laurea, e il “Parzival”, un libero adattamento del dramma musicale wagneriano che fu rappresentato nel teatro del Collegio dell’Angelo custode il 25 marzo 1914, sotto la direzione del canonico Romano Zanchetta e con scenografie di Quintilio Ferrari (4)Una bibliografia completa della copiosa produzione letteraria di Rossaro è disponibile in Chiocchetti V., "Don Antonio Rossa-ro" in "Atti dell'Accademia Roveretana degli Agiati", 209, s. VI, II, 4, 1960- 1962. Tra le opere non contemplate in questa bi-bliografia ricordiamo qui "La Campana dei Caduti", ed. Ciarrocca, Milano 1952 (pubblicazione postuma) e "Dizionario degli uomini illustri del Trentino", opera incompiuta, costituita da circa 5.000 pagine dattiloscritte, attualmente conservate presso la Biblioteca civica di Rovereto (BCR, Ms. 20 (2-13) )..
Un altro aspetto rilevante del periodo di permanenza di Rossaro a Rovigo furono i frequenti contatti con una cerchia di esuli trentini, con i quali condivise la fede irrendentista e l’inquietudine per le sorti della terra d’origine. Frutto di questo sodalizio fu la costituzione nel gennaio 1917 dell’associazione “Famiglia trentina”, accolta con plauso dalla popolazione e dal sindaco di Rovigo, Ugo Maneo. Nata da “l’impellente bisogno d’un fraterno scambio d’idee e di mutui conforti nella grigia ora”, ne fecero parte oltre a Rossaro, Luigi Munari, Livio Gasperetti, Giannino Tessaro e Gino Erba (5)Monari L., "La 'Famiglia trentina' in Rovigo" in "Alba Trentina", a. II, n. 1, gennaio 1918, pp. 24-28..
Con l’entrata in guerra dell’Italia Rossaro avviò una energica propaganda patriottica diffusa soprattutto attraverso le pagine di “Alba trentina”, la rivista con periodicità mensile dedicata al Trentino che fondò a Rovigo nel 1916 e che diresse fino al 1926 (6)L'ultimo numero della rivista data agosto 1926. Rossaro diresse in seguito anche "El Campanom", almanacco pubblicato dal 1926-1943 e il "Bollettino della Campana dei caduti", con periodicità trimestrale edito dal 1930 al 1931.. Una nota di redazione sul primo numero di gennaio 1917 enunciava le finalità della rivista:
“Scopo della nostra modesta rivista è riunirci e confrotarci nel supremo ideale della nostra vicina ressurrezione. È far conoscere a tutti il nostro Trentino. È preparargli dei fratelli del regno di ieri, quell’accoglienza generosa, calda, soave di cui la sua intemerata e rigorosa italianità lo fece degno. Quando l’Italia giunta a Trento redenta, in faccia al glorioso castello eco lontana di Roma, di fronte al vetusto duomo, gloria epica dei Comuni, ai piedi di Padre Dante, anticipato messaggio della più grande Italia, chiuderà il volume dei suoi destini, sigillandolo con l’impronta della vittoria sotto l’arco di Druso alle porte del Brennero l’ ‘alba trentina’ compiuta la breve sua missione, si fonderà alla luce del nuovo giorno, lieta di aver gettato il suo seme nei giorni dell’angoscia pei giorni della gloria” (7)"Nell'Alba" in "Alba Trentina", a. I, n. 1, gennaio 1917, p. 3..
La rivista continuò a pubblicare i fascicoli anche dopo il termine del conflitto, nonostante “qualche lieve dubbio, causato dal timore di trovare scarso appoggio da parte dei compatriotti” (8)Brentari O., "'L'Alba' e l'Albo" in "Alba Trentina", a. IV, n. 1 gennaio 1920, p. 1. e la sede della redazione seguì Rossaro nei suoi trasferimenti. Questi, dopo una breve permanenza a Milano dove insegnò all’Istituto Bognetti, nel 1921 fece ritorno a Rovereto, chiamato a dirigere la biblioteca civica che guidò fino alla morte. Il primo compito che qui dovette affrontare fu quello di sovraintendere alle operazioni di rientro dei libri della biblioteca nel palazzo dell’Annona di Rovereto, nuova sede dell’istituto (9)A seguito degli eventi bellici, nell'ottobre 1918 i fondi librari della biblioteca furono trasferiti a Trento per scongiurarne la di-struzione. Nel 1919 i libri rinentrarono a Rovereto e furono depositati in via provvisoria all'interno del Palazzo dell'Istruzione (Palazzo Piomarta). Il successivo trasferimento nella nuova sede della biblioteca civica a Palazzo dell'Annona comportò lo spo-stamento, la ricollocazione e la schedatura di circa 100.000 volumi.. In seguito, analogamente a quanto fece qualche anno prima presso l’Accademia dei Concordi di Rovigo, incominciò a incrementare il patrimonio della biblioteca con memorie di storia locale, fondi librari e archivi. All’abilità persuasiva di Rossaro ed anche, evidentemente, alla fiducia che in lui riponevano i suoi interlocutori, si deve l’acquisizione degli archivi storici della Giurisdizione dei Conti Lodron, della Congregazione di Carità, di insigni personalità e facoltose famiglie roveretane, come pure la donazione dei fondi librari delle famiglie Salvotti e Zenatti e delle biblioteche personali di Scipio Sighele e Federico Halbherr. Il suo dinamismo lo spinse a progettare all’interno della biblioteca spazi dedicati a due roveretani illustri, le sale “Antonio Rosmini” e “Riccardo Zandonai”, dove il lettore avrebbe trovato svariate edizioni delle opere degli autori e scritti a loro dedicati. La propensione di Rossaro all’accentramento e alla conservazione di memorie diede inoltre vita a singolari collezioni, tuttora conservate nella biblioteca: migliaia di “ricordini lutto” di vario stile e formato, timbri di comuni e parrocchie del Trentino di diverse epoche, carte di identità di cittadini roveretani e quaderni scolastici (10)Chiocchetti V., "Don Antonio Rossaro", cit., pp. 24-25..
Rossaro fu un uomo infaticabile e dotato di notevole inventiva. La sua particolare inclinazione ad agire “in senso multiplo”, unita a una vigorosa operosità, lo portarono a realizzare diversi progetti simultaneamente. A Rovereto si fece promotore di iniziative di varia entità dedicate alla memoria della guerra e dei suoi caduti (11)Tra le iniziative "minori" promosse dal prete nel primo dopoguerra si segnalano: la sottoscrizione per l'erezione di un monu-mento ai martiri roveretani Damiano Chiesa e Fabio Filzi, la sottoscrizione per la realizzazione della nuova pala di San Marco della Chiesa di Rovereto (in sostituzione di quella danneggiata dalla guerra), l'erezione di un monumento funerario a Damiano Chiesa, i busti della regina Margherita di Savoia, di Eugenio di Savoia e di Giovanna Maria della Croce, le lapidi a Goethe, Mozart, Pio VI e Giacomo Gotifredo Ferrari, la lapide in omaggio ai "Roveretani che non tornarono", il monumento all'Alpino.. Tra le “maggiori”, si annoverano l’erezione del Sacrario monumentale di Castel Dante, che accolse le spoglie di oltre ventimila soldati di varie nazionalità traslati dai cimiteri di guerra sorti spontaneamente sulle montagne circostanti (i lavori iniziarono nel 1933 e l’inaugurazione ebbe luogo nel 1938); la fondazione nel 1921 del Museo storico italiano della guerra situato nel quattrocentesco castello di Rovereto, ne furono promotori oltre a Rossaro, Giovanni Malfer e Giuseppe Chini; l’ideazione della monumentale Campana dei Caduti, l’impresa che diede notorietà al suo ideatore e alla città di Rovereto ben oltre i confini nazionali, collocata dapprima sul torrione Malipiero del castello, in seguito spostata a Colle di Miravalle, dove tuttora risiede. È lo stesso Rossaro a evocare il contesto in cui mise a fuoco l’idea di istituire un monumento in onore di tutti i caduti, vincitori e vinti, della guerra appena conclusa:
“5 maggio 1921: Splendido tramonto presso l’Arco della Pace a Milano. Nell’aria tiepida e luminosa c’è l’oscillio d’una lontana campanella. Non si potrebbe pensare ad una campanella della pace sul castello di Rovereto? Ritornato a casa ripenso. O una campanella d’argento per la pace, o una grande campana pei caduti. La Campana dei Caduti sarà la più grande del Trentino” (12)Rossaro A., "Diario della Campana dei Caduti" (citato spesso anche come "Albo storico"), BCR, Ms. 25.10 (1)(2); una ver-sione rivisitata dallo stesso Rossaro diversi anni dopo è stata pubblicata nel volume postumo "La Campana dei Caduti", cit., p. 3..
Per la sua realizzazione furono costituiti un Comitato esecutivo e un Comitato d’onore presieduto dalla regina Margherita di Savoia, madrina della Campana. Con il numero di maggio 1922 “Alba Trentina” avviò le sottoscrizioni per la raccolta di fondi e contestualmente vennero inviate le richieste alle nazioni coinvolte nella grande guerra per ottenere i cannoni di bronzo per la fusione. Allo scultore trentino Stefano Zuech fu affidato l’incarico per l’esecuzione della decorazione (13)Con buona probabilità è attorno all'ambiente della rivista "Alba trentina" che lo scultore entra in contatto con Rossaro e ben presto tra i due nascerà un rapporto di amicizia e profonda stima, nutrito anche dalla comune passione per la musica classica. Approfonditi studi sui fregi realizzati da Stefano Zuech per la Campana (I e II fusione) sono disponibili in Beltrami C., "Ste-fano Zuech. 1877-1968", Brez (Tn), Comune di Brez, 2007, pp. 99-120; Moser C., "Stefano Zuech, lo scultore delle campana. Il rinnovamento novecentesco di un'arte millenaria" in "Stefano Zuech (1877-1968). Il volto il mito il sacro" (catalogo mostra) a cura di Mich E., Moser C., Pancheri R., Rovereto, Palazzo Alberti Poja, 2 luglio-18 settembre 2016, Trento, Wasabi, 2016; Delaiti C., "La Campana dei Caduti...", cit., pp. 97-102.. A Rovereto, di primo acchito, l’iniziativa non riscosse molto successo. I più maliziosi insinuarono il dubbio che dietro alla raccolta di fondi si celassero interessi personali di Rossaro (da qui gli derivò l’appellativo poco benevolo di “prete faccendiero”), ed anche la destinazione della Campana sul torrione Maliperio suscitò perplessità e reazioni violente (14)Cfr. Chiocchetti V. "Don Antonio Rossaro", cit., p. 14..
Nonostante le ostilità, il progetto prese forma e il 30 ottobre 1924 la Campana venne fusa nella Fonderia Luigi Colbacchini e Figli di Trento, posta ai piedi del Doss Trento dove, alcuni anni più tardi, verrà edificato il Mausoleo a una delle più importanti figure della causa irredentista, Cesare Battisti. Il 24 maggio 1925 la Campana giunse a Rovereto attesa dalle autorità, tra cui la regina Margherita di Savoia che tagliò il nastro al suo ingresso in piazza Rosmini e il vescovo di Trento Celestino Endrici, che la consacrò nel nome di Maria Dolens. Il 4 ottobre 1925 alla presenza del re d’Italia Vittorio Emanuele III ebbe luogo la cerimonia inaugurale presso il torrione Malipiero (15)La cronaca della giornata è riportata in Vadagnini A., "Maria Dolens: la Campana che risveglia la coscienza dei popoli", Rove-reto, ViaDellaTerra, 2005, pp. 37-39.. Nel 1925 la Campana si dotò anche di un primo statuto, redatto dallo stesso Rossaro, in seguito più volte modificato, che defìnì le finalità del monumento e il nuovo organigramma, secondo il quale il Comitato esecutivo veniva sostituito da un Curatorio formato da varie personalità del mondo istituzionale e religioso (16)"Statuto della Campana dei Caduti in Rovereto", tipografia Mercurio, Rovereto, 4 ottobre 1925. Nel 1939 Rossaro presentò al Consiglio un nuovo statuto e dopo svariate bozze venne pubblicata la versione definitiva in "La Magna Carta della Campana dei Caduti. Rovereto" (Padova, 1948) che ottenne l'alto patronato del Sovrano Militare Ordine di Malta, revocato nell'ottobre 1965.. Nello statuto Rossaro specificò che la Campana dovesse essere posta all’interno delle mura del castello di Rovereto, sede del Museo storico della guerra, stabilendo così quel forte vincolo tra monumento e luogo di collocazione, che alcuni anni più tardi avrebbe provocato un’aspra controversia, allorchè si diffuse la notizia della decisione di spostare la Campana a Colle di Miravalle (17)L'intenzione di trasferire la Campana a Colle di Miravalle (in località Val Scodella) fu resa pubblica qualche anno dopo la scomparsa di Rossaro in un discorso tenuto dal suo successore, padre Eusebio Jori, nel novembre 1960 a Monte Bondone. La notizia scatenò un lungo contenzioso tra la Reggenza e il Museo storico della guerra direttamente coinvolto nella gestione della Campana. Gli oppositori al trasferimento si appellarono allo statuto e in particolare al punto in cui lo stesso Rossaro specificò che la Campana dovesse trovare collocazione all'interno delle mura del castello di Rovereto. Puntuali ricostruzioni dei rapporti tra la Fondazione Opera Campana dei Caduti e il Museo italiano della guerra di Rovereto sono riportate in Delaiti C., "La Campana dei Caduti...", cit., pp. 161-165. Le fonti primarie relative alla diatriba sono conservate nell'archivio della Fondazio-ne Opera Campana dei Caduti di Rovereto (depositato presso la sede dell'istituto) e nei fondi Carmela Rossaro, Livio Fiorio e Comitato riconoscenza a Don Antonio Rossaro conservati al Museo storico italiano della guerra di Rovereto, nonchè nel fondo istituzionale del museo (gli inventari sono scaricabili dalla rete all'indirizzo https://www.cultura.trentino.it/archivistorici/inventari/online).
A causa del suono difettoso, il 13 giugno 1939 dopo un primo tentativo fallito, la Campana venne nuovamente fusa, questa volta dalla ditta Luigi Cavadini di Verona e il 26 maggio 1940, giunta a Rovereto, fu consacrata in piazza Rosmini. A seguito di una irreparabile incrinatura, si rese infine necessaria una terza fusione che ebbe luogo il 1° agosto 1964 nella fonderia della ditta Capanni a Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia). La Campana fu quindi benedetta a Roma in Piazza S. Pietro dal pontefice Paolo VI e il 4 novembre fece il suo ingresso a Rovereto e venne collocata sul Colle di Miravalle, nei pressi dell’Ossario di Castel Dante.
Rossaro muore a Rovereto il 4 gennaio 1952. Solo qualche anno più tardi, nel 1968, la Fondazione Opera Campana dei Caduti, che fino ad allora aveva operato come associazione di fatto, otterrà il riconoscimento giuridico (18)Per la storia istituzionale della Fondazione e degli organismi che l'hanno preceduta, si rimanda alla relativa scheda soggetto produttore curata da Nicola Zini..